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A pochi giorni dalla tappa americana di World Series che tante soddisfazioni ha regalato ai runner europei, abbiamo intervistato il fotografo/bloger che ha vissuto questa trasferta con i nostri campioni...
Per una volta vi proponiamo un resoconto gara diverso. Un reosconto non fatto di classifiche o numeri, ma di emozioni. Un resonto di chi la Rut l'ha vissuta con la macchina fotografica in mano. Per l'occasione abbiamo intervistato il vulcanico Fabio Menino, uno che "o lo si odia o lo si ama" per quel suo modo estremo e passionale di vivere e raccontare lo sport che ama. In trasferta oltreoceano con alcuni dei migliori interperti dello skyrunning e del trail italiano, ci ha raccontato questo suo viaggio con alcune impressioni a caldo:
UNA TAPPA DI COPPA VISSUTA DIETRO LE QUINTE. COM’È STATA QUESTA ESPERIENZA DA FOTOREPORTER OLTREOCEANO?
Direi che è stata un’esperienza molto importante. Otto giorni in America, a stretto contatto con atleti e amici del calibro di Marco De Gasperi, Franco Collé, Tadei Pivk, Tite Togni e Maite Maiora, per un appassionato della disciplina penso sia qualcosa che non capiti tutti i giorni.
Gli importanti risultati che i ragazzi hanno saputo portare a casa, inoltre, hanno contribuito a rendere questo soggiorno americano ancora più straordinario.
Per quanto riguarda le gare e l’organizzazione, invece, mi sento di dire che non porto a casa nessuno spunto di particolare interesse. E’ pur vero che, da sola, una sola gara non può fare testo ma la The Rut non si avvicina neanche lontanamente agli standard organizzativi dei più importanti appuntamenti europei.
Penso che da noi in Europa, un’organizzazione simile mai potrebbe aggiudicarsi ben tre prove di un circuito così prestigioso come quello delle Skyrunner World Series.
Inoltre, l’assistenza agli atleti elite provenienti d’oltre oceano, al netto del trattamento che solitamente ricevono gli atleti americano da noi in Europa, ha mostrato non poche lacune.
A LIVELLO DI PERFORMANCE GLI EUROPEI HANNO SPOPOLATO. TI ASPETTAVI IL DOPPIO SUCCESSO DI BONNET E IL PRIMO POSTO DI COLLÉ?
Gli atleti europei hanno conquistato quindici podi su diciotto disponibili. Di importante, gli è scappato solo il primo posto nella SkyRace vinta da Megan Kimmel. I confronti, però è sempre giusto farli tenendo conto dei reali valori in campo. Direi che, oltre la SkyRace al femminile e qualche atleta al maschile, queste tappe americane non hanno visto la presenza dei migliori atleti d’oltreoceano. Nelle Ultra, come da copione di tutta la stagione, sono mancati i grandi nomi americani, sia al maschile sia al femminile.
Mi aspettavo il successo di Bonnet nel Vertical ma nella Sky era difficilmente pronosticabile visto che si trattava della sua prima esperienza sulla distanza. Per quanto riguarda Franco, invece, lo speravo ma, sinceramente, non ho mai avuto il coraggio di crederci fino in fondo. In aggiunta, però, direi che la sorpresa più lieta è arrivata dal terzo posto di Martina Valmassoi nella Ultra. Ho avuto il privilegio di poterla ammirare nel corso della prima discesa di gara e in un breve tratto della salita iniziale al Lone Peak e devo dire che mi ha impressionato molto. Ottima anche la prestazione di Magnini nel Vertical Kilometer. Se avrà voglia e interesse di cimentarsi nel mondo dello skyrunning, penso che ne sarà sicuramente uno degli attori protagonisti negli anni a venire.
UNA TRASFERTA COME QUESTA NON È SOLO GARA, MA VIVERE IN SIMBIOSI CON DEI CAMPIONI CHE POI SONO ANCHE DEI RAGAZZI COMUNI CON PROBLEMATICHE, PREGI E DIFETTI…
Ci siamo autodefiniti la “Little Family”, ovviamente in modo simpatico, per scimmiottare la grande e forte famiglia Salomon. Direi che al gruppo sono mancate solo Elisa Desco e Mira Rai. Con loro, saremmo stati veramente al completo.
Abbiamo affittato uno chalet di tre piani e una macchina a sette posti per gli spostamenti. Il continuo susseguirsi di aneddoti, battute e risate, è stato il vero like motive di tutto il soggiorno.
Franco e Tadei costituiscono un’accoppiata micidiale, con il primo pronto a stuzzicare e il secondo disponibile a essere stuzzicato.
Queste occasioni contribuiscono a conoscersi meglio ad approfondire i rapporti umani che, solitamente, si limitano a qualche scambio di battute nel corso dei vari appuntamenti stagionali.
IN EUROPA SIAMO ABITUATI A DETERMINATI STANDARD. A GARE SEVERE E MOLTO COMBATTUTE. IN AMERICA COSA CAMBIA?
Mi viene da dire che in Europa siamo abituati a determinati standard, a gare severe e molto combattute solo in certe occasioni. Sicuramente abbiamo degli appuntamenti che possono essere presi d’esempio per tutto il resto del mondo. Essendo la mia prima esperienza in America, non sono in grado di fare una disamina generale sul mondo dell’outdoor running Americano. Di sicuro, non fosse stata inserita nelle World Series, la The Rut sarebbe rimasta una manifestazione di valore poco più che locale.
(Credit Foto Copertina Marco De Gasperi)