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MARCO CONFORTOLA... PERSEGUITATO DALLE POLEMICHE!!!

Maurizio Torri
16/2/2010

L'ALPINISTA SONDRIESE SI SFOGA COSI' AI NOSTRI MICROFONI: «Ormai lo saprete tutti, in questi ultimi giorni, in seguito ad un articolo sul Corriere della Sera, sono stato al centro di una strana polemica riconducibile ancora alla spedizione al K2 nel 2008. Sono state dette e scritte cose sul mio conto che mi hanno fatto veramente male e vi giuro che di questo ho molto sofferto. Su quello che è successo al K2 ribadisco con fermezza e senza ombra di dubbio la mia versione dei fatti. Altrettanto fermamente continuerò a ringraziare Pemba Sherpa per avermi salvato la vita, mica me lo sono dimenticato!!! Mi hanno fatto molto molto male le subdole insinuazioni sul soccorso ai Koreani, di cosa dubitano??? ».

Un anno e mezzo fa in pochi avrebbero creduto che sarebbe tornato a calzare i ramponi e a impugnare la sua fedele piccozza per rituffarsi a caccia dell’ennesimo “8000”, ma Marco Confortola è non è certo tipo capace di starsene a casa davanti al camino. Uno che sul collo ha tatuato “Selvadeik” e che la montagna ce l’ha nel DNA, era ovvio che, prima o poi, tornasse a subire il richiamo dell’aria sottile. Sin qui, tutto normale.

Eppure, gli è bastato annunciare la sua prossima spedizione al Lhotse che nomi autorevoli dell’alpinismo e testate di caratura nazionale si sono mobilitati innescando vecchie e nuove polemiche; un cancan che ha toccato nel vivo l’alpinista di Valfurva; tanto dal fargli dichiarare: «Il K2 mi ha risparmiato ma ora mi perseguita. Ma non ho nessuna intenzione di farmi rovinare la vita: mi sono salvato da quell’inferno di neve e ghiaccio, non mi farò certo travolgere dalle maldicenze che ora qualcuno mette in giro per cercare di fermarmi proprio ora che sto cercando di riprendermi ... In un certo senso mi sento un po’ come Walter Bonatti, e sto pensando di fare come ha fatto lui: niente più dichiarazioni, niente più interviste».

Già, perché ancora una volta a essere chiamati in causa sono i media che, in egual misura l’hanno prima incensato e poi dipinto come il cattivo di turno: «Ovviamente non ce l’ho con tutta la categoria; so che generalizzare è sempre sbagliato. Le mie critiche sono rivolte a coloro che vogliono sollevare la polemica sempre e comunque; anche dove non c’è. Ce l’ho con chi, pur non conoscendo i fatti, ha comunque voluto puntare il dito contro di me. Ce l’ho con chi ha scritto o detto inesattezze senza avere il benché minimo rispetto per quelle persone che, nell’agosto del 2008, sul K2 hanno perso la vita».

Ma nonostante ciò, Confortola si è dichiarato pronto a partire. Dopo Pasqua sarà di nuovo in Nepal, obiettivo Lhotse (8516 metri), una montagna che in passato lo vide rinunciare alla vetta per un principio di congelamento. Se tutto andrà bene, l’alpinista di Valfurva potrebbe quindi salire a quota 7 nel proprio palmares- al suo attivo ha già Everest, Shishsa Pangama, Annapurna, Cho-Oyu, Broad Peak e K2. «Sto mettendo insieme materiali e sponsor e non è facile».

E fisicamente? «Mi mancano le dita dei piedi, ma anche altri nelle mie condizioni sono riusciti a continuare la loro carriera alpinistica». A fare male non sono quindi tanto i postumi dell’intervento chirurgico, quanto i numerosi attacchi gratuiti giunti da più parti. Spaziando tra siti internet e giornali, c’è chi lo accusa di non aver detto la verità su quanto accaduto sul K2, di aver sfruttato l’episodio "per far cassa" e ottenere fama e popolarità. Di più: Marco Confortola sarebbe così inviso ai suoi stessi colleghi da non trovare neppure un compagno di spedizione. «Non voglio nemmeno rispondere a certe insinuazioni. Dico solo che dei miei compagni (Panzeri, Merelli, Mondinelli e Manni) sono l’unico a non aver fatto il Lhotse e quindi è chiaro che a loro non interessa e poi quando sarò là incontrerò almeno una decina di altri alpinisti stranieri che come me vogliono raggiungere la cima! Quindi non sarò solo».

Respingendo al mittente anche l’accusa di essere un "bombarolo", ovvero di aver utilizzato ossigeno per salire in vetta, la guida alpina dell’Alta Valle ha per l’ennesima volta precisato. «L’ho fatto e l’ho dichiarato, sull’Everest. Poi con le bombole ho chiuso... non così, invece, posso dire di chi oggi mi accusa», dice Confortola che con un gesto secco della mano fa capire di voler cambiare argomento.

E non hai paura di quello che ti aspetta lassù? «L’unica cosa che tempo è il freddo. I miei piedi, dopo l’amputazione delle dita sono molto sensibili e specialmente il destro mi fa male». Il sapere di non essere solo, però, gli darà la forza per stringere i denti e puntare alla vetta: «Ho perso le dita dei piedi, è vero, ma posso contare su ben altre cose: ho una famiglia fantastica, amici e clienti che credono in me... se poi qualche collega mi critica per ciò che faccio, pazienza. Io prometto di ascoltare se chi parla è riuscito a fare ciò che ho fatto io».