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GRUPPO RAGNI DELLA GRIGNETTA - GIORDANIA 2011

Paolo Spreafico
23/4/2011

GIORDANIA... UN POSTO DOVE VALE LA PENA ANDARE ALMENO UNA VOLTA NELLA VITA!!

Nel Mese di Marzo una spedizione leggera composta dai due Ragni di Lecco Marco Vago e Simone Pedeferri e dalle guide Alpine Lorenzo “Pala” Lanfranchi di Poschiavo e Mirko Masè di Milano sono partiti per la Giordania dove hanno trascorso tre settimane di Arrampicata ed esplorazione in questa terra particolarmente affascinante. Questi sono i pensieri di Marco…

Dicembre 2006, Mali, Mani di Fatma. Tre settimane in quello che considero uno dei più bei posti che abbia mai visto, di quelli che ti lasciano il “mal d’Africa”.

Dopo di allora, per vari motivi e vicissitudini, non ho più avuto occasione di partire per un viaggio vero, non una vacanza arrampicatoria ma una piccola spedizione come “ragno” con un obbiettivo stabilito, cioè aprire una via nuova in un posto diverso e lontano, non tanto geograficamente quanto culturalmente e, perché no, anche spiritualmente.

Si perché in occasioni come questa, non appena sali sull’aereo, ti lasci alle spalle tutto e si spegne un interruttore che oscura problemi, preoccupazioni, frenesie e stanchezze della vita quotidiana di casa e del lavoro. Certo non vengono cancellate, ti si ripresenteranno la sera stessa del tuo ritorno, ma per quel periodo vengono accantonate e lasciano lo spazio agli amici e compagni di avventura, all’entusiasmo ed alla curiosità di vedere un posto nuovo che, nonostante le foto che ormai girano su internet, è sempre diverso da come te lo sei già immaginato. Lasciano spazio magari anche ad altri problemi ed imprevisti che puntuali ti aspettano ad ogni viaggio in un posto mai visto, la prima volta è sempre così, ma poi ci sono anche tanti momenti di tranquillità, silenzio e solitudine che ben si conciliano con delle approfondite, personali, lunghe riflessioni che, tanto più mi risultano difficili nella quotidianità a casa, tanto più le sento care e gustose in questi luoghi incantati.

Questa volta la destinazione è la Giordania, nel deserto del Wadi Rum, anche se abbiamo esitato fino all’ultimo a causa delle situazioni socio-politiche dei paesi confinanti.

Sono anni che Simone me la mena con sta Giordania, che deve essere bella, che vuole andarci, che ci è già stato suo zio Friz vent’anni fa ….

… appunto, suo zio Friz, che quando è tornato, ad uno che gli ha chiesto come fosse la roccia gli ha risposto testuali parole:”Roccia? Non ho visto roccia ma solo una grande distesa di sabbia!”

“Curioso, ma non mi convince” … gli avrebbe risposto qualcun altro.

Ok, vada per la Giordania, tanto è sicuro che ci divertiremo, penso io, e poi anche Mirko e “Pala” (Lorenzo Lanfranchi) sono molto interessati al posto e sembrano entusiasti dell’idea.

Comunque sia, non partiamo proprio alla cieca e chiediamo qualche informazione su questa fantomatica roccia, il sandstone, dove sembra che i fix si estraggano con le mani, le prese si scavino con le unghie e le migliori protezioni siano i chiodi a “U” piantati nei buchi di sabbia … ???

Sicuramente saranno racconti un po’ enfatizzati! Si sa che gli arrampicatori sono come i pescatori e la verità sta sempre nelle misure dimezzate.

La squadra quindi è composta da Simone e me, gli unici due ragni e poi da due cari amici e fortissimi arrampicatori: Mirko Masè, guida alpina di Milano e Lorenzo “Pala” Lanfranchi, placido arrampicatore svizzero spesso compagno di Simone in diverse aperture e ripetizioni.

La sera del 14 Marzo partiamo dall’Italia con destinazione Amman, capitale della Giordania.

Atterriamo in piena notte e la mattina seguente ci trasferiamo a Petra per una veloce visita ai suoi monumenti millenari scavati nelle pareti del canyon.

Il mezzogiorno del 16 Marzo siamo già nel deserto del Wadi Rum e, non appena sistemati i bagagli, ci rechiamo subito nel Barrah Canyon per tastare la roccia e renderci conto di cosa ci aspetta. Ripetiamo una breve e facile via di 4 tiri in fessura molto consigliata, MERLIN’S WAND, attrezzata solo alle soste e per il resto da proteggere interamente a nuts e friends.

Mentre i miei tre compagni di viaggio si sentono molto a loro agio data la loro esperienza in questo tipo di arrampicata, io pago subito lo scotto del mio scarso allenamento e della mia incapacità di gestire al meglio le protezioni a mia disposizione.

La roccia non sembra poi così male, ma in effetti constatiamo che le soste sono spesso attrezzate con i famosi chiodi a “U” martellati in piena placca e sembrano essere l’elemento di maggior tenuta dell’intera sosta.

Capiamo anche che il colore della roccia è indice della sua consistenza: il colore nero indica di sicuro la miglior durezza, se così la possiamo definire, mentre il bianco e vera e propria sabbia pressata che si potrebbe scavare col le dita.

Altra nota dolente è che i muri più belli ed imponenti, quelli verticali e neri, sono quasi sempre lisci come una lastra di vetro, completamente senza appigli.

Il giorno seguente decidiamo di ripetere quella che è considerata una delle più impegnative vie di tutta la zona, LA GUERRE SANTE, chiodata da Arnoud Petit.

La via è molto bella e segue una linea di roccia compatta e scura su un muro di 400 metri.

Il tipo di arrampicata mi è abbastanza congeniale, molto simile ad una via di calcare, verticale e su buone prese. Riusciamo a salirla completamente a vista e ci divertiamo parecchio, ma notiamo che la chiodatura è completamente a fix da 12 mm. presumibilmente molto lunghi, alternati a resinati: probabilmente dopo l’apertura l’itinerario ha subito un restyling molto accurato per renderlo sicuro.

Capiamo anche che su queste croste, non è messa in dubbio la nostra capacità tecnica di arrampicata, ma la tenuta degli appigli stessi, bisogna quindi scalare con molta delicatezza come se si camminasse sulle uova cercando di non tirare mai a la stessa presa con entrambe le mani perché se si rompesse …. !! Infatti notiamo che più la presa è grossa e pronunciata, più diventa fragile.

Altro problema su questo tipo di pareti molto lavorate è il pericolo che si incastrino le doppie, infatti la discesa da questa via terminerà alla luce delle stelle e delle pile frontali.

Il 18 Marzo lo passiamo interamente in jeep, girando in lungo e largo tutto il Wadi Rum alla ricerca della nostra linea. In sostanza le pareti che offrono la roccia migliore sono quelle adiacenti al villaggio, cioè lo Jebel Rum e lo Jebel Nassrani, ed anche il Barrah Canyon, ma sono tutte zone in cui le linee belle e logiche sono già state salite. Andando più ad est la roccia cala di qualità e quei pochi muri neri che ci sono risultano spesso insalibili.

Siamo abbastanza sconsolati e solo verso sera troviamo una linea abbastanza interessante sulla parete ovest del Jebel Barrah, lunga diversi chilometri ma ancora inviolata.

Il 19 Marzo attacchiamo. E’ Simone il primo a partire su un diedro apparentemente banale ma che in realtà risulta essere un 6B di roccia molto fragile e sporca. Arrivato in sosta dopo un paio d’ore con molto sudore e qualche capello in meno mette il primo fix per poi estrarlo facilmente con le mani. Decide allora di creare delle clessidre col trapano e di far sosta su quelle.

Per farla breve, dedichiamo 4 giorni all’apertura della via nuova che alterna muri verticali chiodati a tasselli con fessure e camini interamente da proteggere a friends. La notte precedente l’ultimo giorno la trascorriamo nel deserto nelle prossimità dell’attacco della via, sotto un magnifico cielo stellato ed alla luce del fuoco che tiene più compagnia che caldo. Il 23 Marzo partiamo all’alba e raggiungiamo la sommità della parete aprendo gli ultimi due tiri ai quali contribuiamo tutti e quatto. Ma lungo la discesa il lavoro che ci aspetta sarà molto, dovremo infatti rinforzare molte soste e chiodare dall’alto la variante di attacco del sesto tiro, per renderlo arrampicabile, ed il primo tiro che risulterà essere il più duro della via, un bellissimo muro nero placcoso che permetterà di evitare il 6B iniziale aperto da Simone, sicuramente meno sicuro, meno divertente e decisamente meno estetico.

A tal proposito discutiamo molto sul fatto di poterlo chiodare dal basso, come imporrebbe un’etica corretta, ma alla fine decidiamo diversamente: infatti su questi muri, dove c’è una qualsiasi protuberanza, anche la più piccola, si deposita la sabbia, rendendo assai problematica e rischiosa la salita dal basso. Inoltre non è nemmeno possibile fermarsi sui cliffs per recuperare il trapano perché, con questo tipo di roccia, scaricare tutto il peso corporeo su una lametta metallica frantumerebbe una qualsiasi tacca o lama anche grossa. Chiodare dal basso vorrebbe quindi dire salire quasi completamente in artificiale da un fix al successivo.

Anche questa volta il lavoro termina alla luce delle frontali, ma la via ora è pronta per essere finalmente scalata nella sua totalità. Il primo tiro risulta essere molto bello e chiodato volutamente bene: sarebbe da stupidi, anzi da vigliacchi, creare dei run out lunghi e rischiosi quando e dove non li si è guadagnati in modo etico.

Il 24 Marzo Simone e Pala decidono di ripetere una via di Cristhof Hainz al Jebel Rum (RAID MIT THE CAMEL), mentre io e Mirko accompagniamo Luigi e Ilario nella chiodatura di una nuova via sull’inviolata parete NE dello Jebel Um Kharg, caratterizzata da una placca nera adagiata.

Ne uscirà un itinerario avventuroso dalle difficoltà modeste ma di grande bellezza. Lasciamo a Luigi il racconto del suo entusiasmo per aver vissuto questa nuova esperienza.

Finalmente il 25 Marzo è il giorno della libera. Riscopriamo una via molto bella ed arrampicabile ed infatti tutti e quattro riusciamo nella libera completa. Non poteva esserci conclusione migliore. Io ovviamente ho rognato non poco con le solite fessure larghe da proteggere che mi hanno strappato qualche colorita imprecazione mentre Simone e Mirko si sbellicavano dalle risate …. Gli amici!!

La nostra avventura termina sostanzialmente qui: mentre Pala rientrerà in Italia il giorno seguente, io, Mirko e Simo ripeteremo ancora una via per poi trasferirci l‘ultimo giorno ad Aqaba per goderci un po’ di mare e qualche meritata birra. Volendo tirare le somme credo di poter dire che il Wadi Rum è un posto in cui vale la pena andare almeno una volta nella vita, magari ci si potrebbe anche tornare, visto che prima del rientro abbiamo adocchiato altre linee salibili di grande interesse … chissà!

E’ stata sicuramente un’esperienza interessante che ha alternato momenti intensi in parete a situazioni allegre e goliardiche, giornate dense di attività ad interminabili ore contemplative dove il silenzio del deserto era un accogliente e premuroso padrone di casa. Ho avuto modo di conoscere Pala con il quale mi sono legato per la prima volta, personaggio dotato di grande pacatezza ma altrettanto sicuro sia in arrampicata che nella vita, capace di imporsi e di trasmettere sicurezza e serenità anche nei momenti più critici. Spero di legarmi ancora con lui.

Credo di aver conosciuto meglio anche Mirko, col quale avevo già scalato in qualche occasione. Ho notato in lui una gran determinazione durante le salite, predisposto alla lotta anche più estenuante. Adesso che anche lui si è reso conto dei miei punti deboli ( … tra grasse risate!! ..) forse potremmo azzardare insieme qualche salita più impegnativa, a patto di preparare bene ed insieme il materiale decidendo CHI deve portare la corda!!!

Anche se ci conosciamo e scaliamo insieme da una vita, ho riscoperto invece un Simone veramente professionista del verticale, che senza ne pretenderlo ne volerlo si è imposto come leader indiscusso ed insostituibile nei momenti cruciali, dirigendo in modo oculato e sfruttando appropriatamente le capacità di ciascuno di noi nel momento e nella situazione giusta. Ma la sua grande dote credo sia stata quella, da vero leader, di farsi servo instancabile dei suoi compagni, facendoci sentire tutti ugualmente importanti e partecipi nell’impresa. Credo di poter dire, con cognizione di causa, che Simone sia sulla strada per diventare un grande Vecchio ( … con la V maiuscola … ) e che saprà dare tanto alle prossime generazioni di ragni, insomma, un buon successore di Super Mariolino.

Un GRAZIE grande va anche a Luigi ed Ilario, per il loro sincero entusiasmo nei nostri confronti e per come ci hanno accudito con ogni genere di conforto, che sono sempre un grande aiuto in questi casi (il Jack Daniels farà male al corpo ma fa molto bene allo spirito, e poi disinfetta lo stomaco!|). Ed infine, ma non in ultimo, noi tutti dobbiamo ringraziare chi ancora una volta ci ha permesso di partire, il GRUPPO RAGNI in primis ma anche tutti gli sponsor che ci hanno supportato.

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