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INTERVISTA A FRANCESCA CANEPA

Sottotitolo: 
Face to face con la portacolori del team Montura-Vibram...

Nicola Gavardi
20/5/2013
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Semplice, appassionata, vera, determinata e polivalente. Può essere definita così l'atleta allenata da Renato Jorioz...

Messo in archivio un 2012 semplicemente da icorniciare, Francesca Canepa è pronta a riprovarci. Nel suo calendario gare estivo/autunnale, figurano appuntamenti quali UTMB, TOR, Andorra e Mondiali IAU. In vista di un periodo "tutto da correre" l'abbiamo incontrata e intervistata per voi...

 

 

Prima pattinatrice, poi snowboarder e per finire ultra-trailer.. Come hai vissuto questa maturazione sportiva?

Come  molti sanno, sono un’atleta da sempre, direi dalla nascita. Più che una maturazione, lo chiamerei un percorso sportivo, per il fatto che non ho seguito una logica precisa; ho semplicemente scelto gli sport che andavano bene in ogni precisa fase della mia vita. Il pattinaggio era una logica prosecuzione della danza, un modo per non sprecare i 5 anni di fatiche. Lo snowboard era una scelta logica abitando in montagna, idem per il trail. I sentieri poi ci sono sempre stati e io corro solo dal 2010, è vero, ma ho iniziato a percorrerli quando è nuovamente scattata dentro di me la voglia di rimettermi in gioco. Quindi è successo in quel momento, né un momento prima, né un momento dopo.

 

 

 

Sul tuo blog ( http://francescacanepa.wordpress.com/ ) brilla questo motto “CHI RENDE ONORE A SE STESSO RENDE ONORE A TUTTI". Cosa significano per te queste parole?

Significano che se uno segue sé stesso, le sue VERE inclinazioni, i suoi VERI valori e non quelli imposti o suggeriti da altri, se uno non si tradisce, potrà essere fiero di sé e conseguentemente renderà onore e rispetto anche agli altri. Se io faccio finta di amare una cosa per assecondare qualcuno, per esempio, mentirò e così facendo ingannerò e non renderò onore all’altra persona. Credo che quando uno ha il coraggio e la voglia di essere sé stesso, esprime un’alta forma di rispetto anche verso gli altri, non li inganna e permette loro di avere a che fare con una persona senza maschere.

Nella corsa, io non dirò mai che corro perché mi piace il paesaggio o perché siamo tutti amici del cuore. Io corro per vedere se posso spingermi ogni volta un po’ più in là, per mettere alla prova tutta me stessa (però rispettandomi, senza eccessi). Per fare del mio meglio ed essere fiera di me. Il resto non m’interessa.

 

 

Per competere in queste gare la determinazione e il sacrificio sono caratteristiche imprescindibili. Come riesci a coltivarle?

Non mi piace mai parlare di sacrificio: quando qualcosa richiede sacrificio non è una buona cosa. Determinazione sicuramente, cerco di tenere bene presente cosa voglio realizzare e da lì discende il modo in cui cerco di ottenerlo. Sacrificio è una parola che non utilizzo, piuttosto parlerei di dedizione. Ovviamente bisogna dedicare del tempo e delle energie agli allenamenti ma anche a tutto ciò che sta intorno, e non è sempre facile. Però è la vita che ho scelto, queste gare sono molto esigenti ma ripagano con grandi soddisfazioni. Concludere il TOR, per esempio, ma anche una qualsiasi 100 km è una soddisfazione in sé, per chiunque sia riuscito a farlo stando bene e nel rispetto del suo corpo e della sua mente.

 

 

Nella tua vita agonistica sei affiancata dal tuo allenatore Renato Jorioz. Come è nato questo sodalizio ?

A questa domanda credo sia giusto che risponda lui. Non mi piace parlare di quello che ha spinto lui ad avvicinarsi a me. Da parte mia, dopo gli anni dello snowboard dove ho sempre faticato a trovare qualcuno in grado di tirare fuori il mio potenziale senza dovermi imporre necessariamente la sua visione delle cose, ho lasciato avvicinare Renato nel momento in cui ho capito che lui aveva capito me. Infatti non è il mio allenatore. Non mi dice cosa fare o non fare, o meglio non impone. Mi guida. Il concetto è paritario. Lui mi vede dall’esterno e mi aiuta a trovare la direzione migliore. Questa cosa è stata immediata, l’ho avvertita la prima volta che si è avvicinato per vedere se avessi bisogno durante la mia prima 100 km. Voleva solo aiutarmi. Io volevo solo ricompensare questa fiducia inaspettata.

Semplice. Rarissimo. 

Renato – il sodalizio con Francesca è nato più che altro per curiosità. Seguo e pratico attività sportive da sempre e sono sempre rimasto colpito non dai campioni ma dai fuoriclasse. Ho visto Francesca casualmente in una gara, la conoscevo solo di vista anche se correva per la mia ASD e sono rimasto affascinato dal suo modo di reagire a quello che era stato un grande risultato. L’ho ritrovata sulla sua prima 100km e le ho offerto un piccolo aiuto. Ora per tutti sono “l’allenatore di Francesca”. No, non sono e non potrei essere il suo allenatore per un motivo molto semplice, ritengo che un fuoriclasse debba essere semplicemente capito, ascoltato e guidato e così ho fatto. Tra noi non si parla di tabelle ma di fiducia, non si impongono ritmi ma si condividono pensieri, non si obbligano gare ma si scelgono gli obiettivi. Nessuno la può conoscere meglio di se stessa e allora l’allenamento è concordato tra noi ma sempre secondo le sue esigenze e sensazioni.  Io poi curo tutti gli altri aspetti organizzativi dove lei è innegabilmente un disastro, un esempio? L’ultimo! Si preparano i dettagli per la gara del giorno dopo e lei… “ca… non ho preso i pantaloni…” no comment è normale…

 

 

Come organizzi i tuoi allenamenti?

Sono sempre andata a sensazione, proprio perché cerco di assecondare il corpo. Non mi piacerebbe l’idea di dover fare una cosa faticosa se proprio non fosse giornata. Così in linea di massima esco e improvviso, sempre per circa un’ora, un’ora e mezza massimo. I lunghi non li faccio, per quelli bastano le gare.

 

 

 

Le gare  di Ultra-Trail sono più cuore, più testa o più gambe?

Credo che servano tutte le risorse di una persona per fare queste gare, anche perché non sempre le varie componenti lavorano in maniera sincrona. A volte il cervello è stufo mentre il corpo è a posto, altre volte è il contrario. Direi però che è più pericoloso il comportamento del cervello. Se razionalmente non se ne può più, facilmente si staccheranno le spille del pettorale. Allora, almeno nel mio caso, è sempre buono poter contare sul cuore, ovvero l’insieme di emozioni che possono riuscire a smuovere le montagne. Nei momenti difficili è salvifico riuscire a rievocare le aspettative e le emozioni che si sono investite in questa gara, possono fare la differenza, resettando tutto. A volte, ma è difficile, può bastare provare a sorridere, se si riesce è fatta.

 

 

 

Una domanda personale che racchiude in sé lo spirito e il “senso” di ogni atleta. Che cosa hai pensato nell’ultimo Km del TDG?

Ho pensato semplicemente che avrei dovuto cercare di assaporare quel momento fino all’ultimo istante perché occasioni così non è detto che ricapitino due volte. Ero perfettamente consapevole di avere fatto davvero qualcosa di bello, di grande, ma avevo avuto fortuna, nel senso che una prestazione del genere richiede che niente vada storto. Per me era andato tutto nel verso giusto, ma non è scontato e probabilmente è anche difficilmente ripetibile, non so. Poi, presa nel vortice d’interviste e situazioni inattese so di aver purtroppo trascurato qualcuno e me ne scuso, in quell’ultimo chilometro avrei voluto veramente trovare una parola per tutti quelli che in qualunque modo mi erano stati vicini.

 

 

Quali progetti per il 2013?

Non oso nemmeno dire “ripetere il 2012” perché suona quasi presuntuoso a me personalmente. Cercherò di affinare ulteriormente le mie capacità per riuscire a esprimermi al meglio in ogni gara; il mio obiettivo è avvertire sempre una progressione nelle cose che faccio. Per intenderci, non deve nemmeno essere un risultato in assoluto, non necessariamente devo per forza metterci di meno nella stessa gara. Può bastarmi fare meglio una frazione, sentirmi meglio in generale, fare le cose in modo sempre più naturale. Poi, se come immagino, la domanda di fondo resta quali grosse gare farai, allora la risposta è sì, di nuovo UTMB e TOR, passando per Andorra e Mondiali IAU come obiettivi principali, so che è tanta roba e so che suona strano. Ma ci proverò. Semplicemente.

 

 

Parteciperaì al neonato GranTrail Courmayeur organizzato da VDA Trailers?

L’idea è partecipare perché mi piace sempre onorare le gare di casa e soprattutto mi piace essere dove a qualcuno fa piacere che sia. Certo il problema per me in questa gara è la vicinanza con il mondiale e l’incognita resta sempre il recupero. Onorare una gara per me significa andarci quando sono nelle condizioni di fare le cose per bene, non voglio trascinarmi. Quindi spero di essere abbastanza in forma per scoprire questa nuova gara.

 

 

 

Sogni e desideri…

Ci sono domande difficili, questa è una di quelle. Non è che ci sia un sogno particolare, mi piace interpretare la vita e le occasioni che mi offre al momento. Però il punto fisso, imprescindibile, è poter continuare a esprimere la mia personalità attraverso lo sport. Adesso è la corsa e credo che potrà esserlo ancora a lungo, ma se così non fosse l’unica cosa che desidero è trovare un altro modo per utilizzare il corpo e la mente che per me sono una cosa sola. Poi certo, sempre attraverso lo sport e quello che faccio, mi piacerebbe riuscire a essere utile a qualcuno, in qualunque modo. Adesso ci devo lavorare.

 

Francesca Canepa e la montagna.

La montagna è un elemento naturale che mi sono più o meno sempre visto sopra la testa. Mi piacciono i sentieri single track per correre e mi piacciono le vette e i ghiacciai per sentirmi raccontare o leggere le avventure di quelli che sono in grado di andarci. Le montagne hanno sempre fatto parte del mio scenario naturale, non saprei cos’altro dire.

 

 

Vuoi ringraziare qualcuno?

Data la mia natura riservata, spero che la gran parte delle persone che dovrei e vorrei ringraziare sia consapevole della mia gratitudine espressa a modo mio e in forma privata. Tuttavia credo che sia giusto in alcuni casi fare delle eccezioni per alcune persone e allora approfitto per ringraziare Renato che continua a gestire il mio carattere e le sue sfaccettature non sempre facilissime. So che soprattutto quando le cose non prendono la piega che vorrei non sono proprio malleabile. E Stefano Punzo, che mi ha presa sotto l’ala la prima volta che mi ha vista, quando nessuno sapeva né chi fossi né cos’avrei potuto diventare, e con grande generosità e disponibilità mi ha aiutata in un momento di buio totale. Queste cose sono le più importanti. Sicuramente non posso non ringraziare chi mi aiuta in maniera concreta a portare avanti questa attività, Montura per tutta la parte relativa all’abbigliamento tecnico e non solo, un’azienda con uno spirito molto soul in cui mi sono riconosciuta subito; Vibram con cui ho confermato il sodalizio dello scorso anno che grazie all’esperienza acquisita riesce a fornirmi scarpe con suole sempre più performanti. Regione Valle d’Aosta di cui vado fiera di essere una delle promoter in questo mondo.